Di Fabio Casalini

Nelle zone montuose ad Ovest del Lago Maggiore, a partire dalla fine del 1943, erano attive numerose formazioni partigiane. Tra i gruppi attivi in Val d’Ossola c’erano la Valdossola di Dionigi Superti, la Cesare Battisti di Armando Calzavara, la Giovane Italia di Nino Chiovini e Guido il Monco, e la X Brigata Garibaldi di Mario Flaim. Dall’11 giugno al 1º luglio 1944 il comando SS di Monza coordinò un’operazione militare volta ad annientare le formazioni partigiane insediate in particolare nella zona selvaggia della Val Grande: per una ventina di giorni parecchie migliaia di nazifascisti braccarono 500 partigiani. Alla fine del rastrellamento si contarono circa 300 partigiani morti, 208 baite e stalle incendiate in Val Grande e in Val Pogallo, 50 case danneggiate o distrutte dai bombardamenti a Cicogna. Numerose in quei giorni le fucilazioni di partigiani catturati, la più consistente il 20 giugno con 42 vittime a Fondotoce, nel luogo in cui è stato in seguito eretto il Parco della Memoria e della Pace. Dopo la fine dell’azione il comandante Mario Muneghina costituì la brigata garibaldina Valgrande martire. Vittime del rastrellamento furono anche civili, pastori ed alpigiani, che pagarono con la vita o con l’incendio delle stalle l’appoggio dato alla Resistenza.La liberazione della zona, che oggi si trova nella provincia del VCO, avvenne grazie ai partigiani della Divisione Val Toce che, sotto il comando di Alfredo Di Dio, l’8 settembre 1944 attaccarono le truppe fasciste di stanza a Domodossola sconfiggendole e, dopo averle scacciate, parlarono di “territorio liberato”. Solo in seguito si cominciò a usare l’espressione “repubblica” dell’Ossola. Tutte le leggi e i corpi militari fascisti vennero sciolti in soli 2 giorni. Venne vietata l’esportazione di valuta e venne rinnovata la toponomastica della valle. Salò reagì tagliando i rifornimenti all’intera valle, ma, dopo alcune incertezze, la piccola repubblica ottenne l’appoggio della Svizzera.Il 10 ottobre le truppe della Repubblica Sociale attaccarono con 5000 uomini e, dopo aspri scontri, il 23 ottobre riconquistarono tutto il territorio. La gran parte della popolazione abbandonò la Val d’Ossola per rifugiarsi in Svizzera, lasciando il territorio pressoché deserto, impedendo di fatto le forti rappresaglie che furono minacciate dai fascisti e dal capo della provincia in particolare. A tal proposito proprio il capo della Provincia Enrico Vezzalini scrisse il famoso comunicato a Mussolini che recitava: “Abbiamo riconquistato l’Ossola, dobbiamo riconquistare gli Ossolani”.Cosa resta di quella incredibile esperienza?«A quarant’anni di distanza, la Repubblica dell’Ossola è ben più di un lontano episodio consegnato ai libri di storia. Essa vive nel perenne patrimonio ideale della nostra gente, simbolo incorruttibile di generosità e di riscatto.»(Sandro Pertini, Messaggio del Presidente in occasione del 40° anniversario della Repubblica dell’Ossola)Durante i seppur brevi quaranta giorni di libertà, personaggi illustri come Umberto Terracini, Piero Malvestiti e Gianfranco Contini collaborarono alla redazione di riforme ad orientamento democratico, che sarebbero poi state d’ispirazione per la stesura della Costituzione italiana.La storia della Repubblica dell’Ossola è stata narrata nello sceneggiato di Leandro Castellani “Quaranta giorni di libertà” e dal libro di Giorgio Bocca “Una repubblica partigiana” (1964).

BIOGRAFIAFiamma Lussana (a cura di), Una storia nella Storia. Gisella Floreanini e l’antifascismo italiano dalla clandestinità al dopoguerra, Roma, Res Cogitans, 1999.Giorgio Bocca, Una repubblica partigiana. La resistenza in Val d’Ossola, Milano, Il Saggiatore, 1964.Hubertus Bergwitz, Una libera repubblica nell’Ossola partigiana, Novara, Istituto Storico della Resistenza in Provincia di Novara, 1979.

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