Di Fabio Casalini

Dall’inizio del regime franchista fino agli anni Novanta si stima che in Spagna siano stati “rubati” e venduti, con la complicità di medici e religiosi, circa 30mila bambini, anche se diverse fonti si spingono a parlare di 300.000.In Spagna i neonati venivano tolti alle famiglie sgradite per motivi ideologici (i fascisti spagnoli cercavano di dimostrare teorie eugenetiche sull’inferiorità mentale dei dissidenti. Era una tesi sostenuta dallo psichiatra militare Antonio Vallejo-Nágera – detto “il Mengele spagnolo” – che dirigeva l’ufficio di ricerca psicologica di Franco), ma col tempo poi iniziò a crearsi un vero e proprio mercato non più esclusivamente riferito ai figli dei dissidenti.Come spesso accade, quando vi sono di mezzo dittature di destra, risulta coinvolta la Chiesa, organizzazione che durante il franchismo rivestiva un ruolo fondamentale nell’erogazione dei servizi negli ospedali e nelle scuole.Tuttavia, come con molti altri crimini di origine franchista, in Spagna la rete illecita è sopravvissuta al regime. Dopo la morte di Franco, avvenuta nel 1975, si ritiene che molti medici e religiosi abbiano continuato le loro sporche pratiche, anche durante la democrazia spagnola negli anni ’80 e ’90.

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