La parola fine si potrà pronunciare solo quando si scoprirà un vaccino o un farmaco efficace. Ed è in questo che scienziati di tutto il mondo si stanno impegnando in una corsa contro il tempo senza precedenti.

È di alcuni giorni fa la notizia pubblicata da un gruppo di ricercatori australiani, sulla rivista scientifica Antiviral Research, della capacità di un farmaco (Ivermectina) di eliminare il Covid-19 entro 48 ore dall’infezione su cellule umane.

L’Ivermectina è un noto antiparassitario che è utilizzato nella cura di alcune gravi malattie tropicali. La scoperta del suo uso come antivirale è stata brevettata per la prima volta nel 2009 da un gruppo di ricercatori italiani, guidati da Eloise Mastrangelo e Mario Milani, dell’Istituto di Biofisica (IBF) del CNR di Milano. La scoperta è avvenuta dopo un lungo e approfondito studio computazionale e sperimentale sulle proteine virali essenziali per la replicazione dei virus nella cellula ospite. Tali ricerche sono state arricchite da collaborazioni con rinomati laboratori virologici europei.

Malgrado l’interesse internazionale per la scoperta, al gruppo di ricerca italiano sono mancati nuovi finanziamenti per portare avanti il brevetto e approfondire lo studio sull’Ivermectina. Intanto, la comunità scientifica internazionale si è interessata alle notevoli proprietà antivirali di questa molecola naturale, scoprendo la sua capacità di inibire altri virus come il recente virus Zika, l’influenza, l’HIV.

Il farmaco è attualmente in due studi clinici contro il virus Dengue (clinicaltrials.gov), e oggi potrebbe rappresentare una nuova arma contro il coronavirus. L’IBF ha intanto attivato una collaborazione con il Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia (ICGEB) di Trieste, che testa direttamente sul Covid-19 le molecole caratterizzate dai ricercatori IBF nei laboratori del CNR di Milano.

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